A pettinar le bambole

Roberto Beccantini9 febbraio 2014

Un film già visto a Firenze. Da un doppio 2-0 la prima della classe ha ricavato un punto. Nessuno è perfetto, d’accordo, ma non vorrei che cominciasse a diventare un alibi. L’imperfezione va gestita. Complimenti a Mandorlini per la mossa Gomez. Complimenti a Toni per il tipo di centravanti che, in barba all’età, continua a essere.

La diagnosi è facile, in questo caso. Non altrettanto la terapia. Primo tempo sequestrato dalla Juventus. Doppietta-lampo di Tevez, torelli panoramici, pisoli a ricami alterni (Vidal, Pogba, Pirlo). In campionato capita spesso che l’avversario si rannicchi. Conte non è riuscito a evitare che la squadra si mettesse a pettinar le bambole (da Enzino Iacchetti, «Striscia la notizia»). Per la cronaca, e non solo, la Juventus prende gol da cinque partite, sei se calcoliamo quella di coppa con la Roma. In tutto, sette reti (otto, con Gervinho). E quasi tutte, incornata di Toni inclusa, da calci d’angolo o di punizione.

Non si tratta di trascurare i meriti. Si tratta, semplicemente, di rammentare il gatto (e il sacco) del Trap. Nelle mischie, e sul gioco aereo, sono dolori. Se Osvaldo, al debutto, ha sfiorato il 3-1, Buffon ha ritardato il 2-2. Mancava Barzagli, e strada facendo è uscito Chiellini. La capolista aveva la partita in pugno, comunque. Il Verona, però, si era svegliato. Ho pensato a Gianni Brera e ai suoi «inglesi»: così stupidi di ribellarsi all’idea di aver perso la guerra che, alla fine, la vinsero.

Un grande Tevez e poco più. Vidal e Pogba di un lezioso imbarazzante: la fotografia del pomeriggio. Non ho capito il cambio Asamoah-Peluso. Il lettore che si firma «Barbabianconera» aveva paura del romano Doveri. Sinceramente: a me non è parso che si sia accanito contro la Juventus. A voi?

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Un’ora sola ti vorrei

Roberto Beccantini2 febbraio 2014

Dopo aver divorato la partita, la Juventus ha lasciato all’Inter le briciole, dalle quali Palacio avrebbe potuto estrarre i gol dell’1-1 e del 2-3. Sono cose che succedono quando perdi un pallone (Bonucci) o il senso della misura (Pogba). La mancia concessa da Conte a Vucinic appartiene alle scottature del mercato: due moccoli (miei) e un palo (suo).

Undici partite in casa, undici vittorie: 3-2 al Milan, 3-0 a Napoli e Roma, 3-1 all’Inter. Serve altro? Stramaccioni piazzò Palacio su Pirlo, e lo limitò. Mazzarri l’ha lasciato libero. Vi rimando all’assist per Lichtsteiner. E non solo a quello.

Non vince, l’Inter, dal derby del 22 dicembre. Sono ventisei i punti che la separano dalla capolista. Ci stanno tutti. Conte ha alternato i graffi e i morsi a ritirate scaltre. Ha mandato Tevez e Llorente a disturbare Kovacic e compagnia cantante. Ha pressato alto e forte: prova ne sia Asamoah contro Jonathan, una candelina spenta con un soffio. E poi, a braccio di ferro, non poteva finire che così, come è emerso dalle sportellate del secondo e terzo gol.

Lichtsteiner, Chiellini, Vidal (11 gol, come Tevez). Due difensori, un centrocampista: tabellino «antico», da prima Juventus di Conte. Il gol di Rolando è arrivato su calcio d’angolo, argomento su cui il mister farà bene a riflettere, Barzagli o non Barzagli.

Se non segna Palacio, all’Inter, il gol diventa una lotteria. Viceversa, se non segnano Tevez e Llorente, provvedono i supplenti. E’ una delle tante differenze. Hernanes porterà qualità; Osvaldo, sentieri alternativi.

La variabile Storari è stata nascosta sotto la compattezza del gruppo e la mediocrità altrui. Lo so che in Europa è un’altra musica, ma se mi dilungo anche le formiche, nel loro piccolo, eccetera eccetera.

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La bombetta

Roberto Beccantini1 febbraio 2014

E’ stato un mercato mediatico, come spesso capita a gennaio, in linea con il grigiore dei tempi e i pruriti del popolo. Una sessione piena di baratti, di scarti, di «tu chiamale, se vuoi, occasioni». L’operazione più clamorosa è sfumata a furor di popolo: Vucinic-Guarin. Ecco qua le mie valutazioni.

JUVENTUS. Fuori dalla Champions e dalla Coppa Italia, la rosa «estiva» sarebbe stata più che sufficiente per far fronte agli obiettivi residui. Da Vucinic-Guarin a sei punte il passaggio è brusco, ermetico, anche se motivato dal dietro-front dell’Inter e dai rifiuti del montenegrino e Quagliarella. Osvaldo, dunque. Prestito gratuito, ingaggio ridotto con diritto (e non obbligo) di riscatto: una gallianata. Non ha detto che da ragazzo tifava Juventus: è già qualcosa. Sul piano tecnico, non si discute. Sono i nervi, se mai, a renderlo spesso ingestibile. A Torino, sono passati Sivori e Ibrahimovic: Conte se ne farà una ragione. Osvaldo from Southampton è proprio una «bombetta», come Balotelli: può esplodere sull’obiettivo ma anche in mano.

INTER. Mazzarri voleva Vucinic. Ciccia. Voleva Hernanes: Thohir l’ha accontentato. Venti milioni non sono pochi. Il brasiliano ha i colpi del campione, non ancora la continuità, il carisma. Senza esagerare con la propaganda, può giocare sia da regista arretrato sia alla Hamsik, dietro una o due punte. Credo che all’inizio si alternerà con Alvarez alle spalle di Palacio. A proposito di attaccanti: via Belfodil, sono rimasti Palacio, Milito, Icardi. L’Inter ha solo il campionato. Basteranno. Guarin: farei di tutto per recuperarne la potenza anarchica.

ROMA. Mosse di assestamento. Nainggolan mi piace, ma fra lui e Bradley oggettivamente cambia boco. Bastos, piuttosto: un’idea per la sinistra che, perso Balzaretti e bocciato Dodò, deve arrangiarsi con Torosidis.